La ricerca attiva sulla comunicazione virtuale è stata condotta relativamente di recente – dall’inizio degli scorsi anni Novanta – e allo stesso tempo, essa sta diventando sempre più intensa. Il crescente interesse di esponenti di diverse discipline umanitarie (filosofi, sociologi, psicologi, culturologi, linguisti) su questo tema si spiega non tanto con le dinamiche inedite dello sviluppo dell’oggetto di ricerca, quanto con il ruolo fondamentale che la comunicazione gioca negli anni Duemila.
Le attuali tecnologie di telecomunicazione e, prima di tutto, la rete informatica globale Internet ed il relativo cyberspazio, sono uno dei fattori più importanti nello sviluppo della comunità mondiale, avendo un impatto decisivo sulla sfera pubblica, politica, economica e socio-culturale. Pertanto, è evidente la necessità di una comprensione filosofica completa delle conseguenze dell’informatizzazione globale e della società di oggi, che renda possibile sintetizzare i dati disparati delle scienze applicate.
Poiché la comunicazione virtuale è un fenomeno culturale relativamente nuovo, non è ancora emerso un sistema di regolazione morale comprensibile, distinto ed efficace in questo settore. Inoltre, la comunicazione virtuale ha caratteristiche tali da poterla considerare l’incarnazione di un ideale libertario, addirittura anarchico o apparente tale in modo che terzi permettono di esprimersi per controllare chi lo fa da parte del potere costituito.
La comunicazione virtuale offre a una persona opportunità senza precedenti in termini di realizzazione della libertà personale, sfidando la sua natura morale, che dà origine a molti problemi etici di natura sia teorica che applicati in generale richiedono un’adeguata risoluzione.
Pertanto, la rilevanza del problema è determinata, da un lato, dall’esigenza scientifica e teorica di uno studio olistico e sistematico degli aspetti etici della comunicazione virtuale, dall’altro, dall’esigenza sociale pratica di colmare un vuoto quadro normativo in tale settore.
L’interesse della ricerca è incentrata principalmente sull’attività e il comportamento degli individui nel corso della comunicazione mediata dal computer, ma più che altro diretta dalle rete nella sua essenza. Ossia l’insieme delle norme e dei principi che governano questa comunicazione, ovvero la moralità e/o l’immoralità del cyberspazio.
È necessaria una riflessione morale e filosofica e una valutazione oggettiva dei processi di comunicazione virtuale e del loro impatto sulla società. Per raggiungere tale scopo è necessario andare incontro ai seguenti compiti:
— caratterizzare le specificità della comunicazione virtuale;
— considerare le idee chiave della “biblioteca” a disposizione.
— analizzare il grado di influenza di queste idee sulla formazione di un ethos specifico del cyberspazio;
— determinare lo status di moralità nel sistema dei regolatori normativi della comunicazione virtuale;
— individuare i principi morali fondamentali che regolano il comportamento in questo ambito;
— descrivere e analizzare le norme che stanno o dovrebbero essere alla base dei codici etici del cyberspazio;
— identificare le specificità della netiquette (il comportamento civile che si dovrebbe avere in fase di comunicazione), nonché determinare quale ruolo il cittadino stesso debba svolgere nella propria auspicabile autoregolamentazione su Internet;
— considerare e analizzare i principali dilemmi etici e filosofici generati dall’emergere delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
Per cui la deanarchizzazione è subordinata alla soluzione di questi problemi.
L’etica della comunicazione virtuale o, come viene comunemente chiamata, l’etica della rete cibernetica, come campo di una filosofia pratica sta appena iniziando ad emergere. Nonostante il fatto che negli ultimi anni, specialmente nei paesi anglofoni, sia apparso un numero abbastanza elevato di pubblicazioni sui problemi dell’interazione umana con le reti informatiche globali, solo una piccola quantità di questi lavori è dedicata agli aspetti etici di tale interazione, in quanto in quei Paesi gli sforzi sono sottesi senza scrupoli al profitto e hanno di gran lunga la meglio sulla produzione della saggistica dedicata a valori umani e morali.
Molto spesso, l’etica della comunicazione virtuale è considerata una continuazione e uno sviluppo della direzione accademica dell’etica informatica, che è un campo di etica applicata che studia i problemi morali creati dalle tecnologie informatiche.
Tale approccio sembra del tutto legittimo se prestiamo un’attenzione primaria alla natura indiretta dell’interazione virtuale.
Allo stesso tempo, un certo numero di ricercatori ritiene che tutte le azioni mediate da un computer, senza eccezioni, abbiano una natura informativa, il che significa, in un modo o nell’altro, avere un impatto significativo sull’infosfera, le cui conseguenze sono solo soggette alla valutazione morale. Di conseguenza, l’informazione diventa un oggetto completamente indipendente di relazioni morali, e quindi l’etica del computer e della comunicazione virtuale, acquisisce uno status filosoficamente più significativo dell’etica dell’informazione tout court, elaborata sino a “ieri”.
Secondo un altro punto di vista, l’etica della comunicazione virtuale dovrebbe essere considerata come una delle varietà dell’etica professionale, significativamente più vicina a quella del bibliotecario e del comunicatore (codici morali dei media, Carte dei giornalisti, ecc.). Tale approccio si basa sull’analisi delle tipologie di attività più comuni e socialmente rilevanti degli internauti, e quindi, pur con alcune riserve, essi diventano rappresentanti di diverse categorie professionali, la quali hanno non solo il diritto di esistere, ma pure di porsi alla pari con analoghe istituzioni già esistenti: siano nazionali o internazionali.
Ci sono due strategie principali per giustificare l’etica della rete: anglofona (principalmente negli Stati Uniti d’America) e germanofona. Gli autori anglofoni si soffermano sugli aspetti culturali e assiologici dell’etica della rete, considerando i problemi morali della comunicazione virtuale nel quadro dell’etica normativa e, di norma, sulla base dell’applicazione ad essi dei concetti etici classici (in primo luogo deontologismo, utilitarismo, economicismo, pratiche del commercio). Gli autori di lingua tedesca, invece, focalizzano la loro attenzione sugli aspetti comunicativi dell’etica della rete e su una questione più teoricamente significativa, ma troppo astratta – circa la possibilità di sostanziare l’eticità in generale e quella della rete – in particolare conducono ricerche basandosi principalmente sull’etica del discorso.
La base metodologica dello studio è un approccio interdisciplinare sintetico, nonché un’analisi completa e sistematica del fenomeno oggetto di studio. La metodologia proposta consente di combinare l’analisi di criteri e giudizi di valore, struttural-funzionali e storico-genetici con le idee principali delle scuole antropologiche ed ermeneutiche, nonché con le realizzazioni di discipline scientifiche come scienze politiche, sociologia, studi culturali, psicologia e teoria della comunicazione.
La novità di questi risultati consistono:
— nell’individuare le specificità della disciplina etica della comunicazione di tipo virtuale;
— nella tematizzazione e sistematizzazione dei principali regolatori etici della comunicazione virtuale;
— nella fondatezza teorica delle norme morali e dei principi che regolano il comportamento in questo ambito.
Il significato teorico di tutto questo risiede nella presentazione sistematica dei processi di comunicazione virtuale in un aspetto etico, che non solo consente di esplorare la pratica del cyberspazio, ma funge anche da prerequisito per la creazione di meccanismi efficaci che garantiscano l’attuazione della morale comune con norme e principi in materia.
Tali risultati ottenuti possono servire per ulteriori ricerche sul problema dell’influenza della comunicazione virtuale sulla società e sulla personalità nell’ambito di discipline teoriche come l’etica, la pedagogia, la sociologia e la psicologia. La metodologia di analisi dei processi di comunicazione può trovare ampia applicazione nella moderna teoria e pratica della comunicazione di massa.
La comunicazione virtuale si caratterizza da note distintive quali mediazione, interattività, distanza, carattere interculturale globale, nella maggior parte dei casi. L’anonimato dei partecipanti offre ampie opportunità per la costruzione di un’identità personale in quanto manca la gerarchia di status, mentre l’extraistituzionalità degli stessi, il non sviluppo e l’incertezza delle norme sociali (anche giuridiche e morali), possono condurre ad un’emarginazione e ridicolizzazione dei processi di comunicazione, che si concentrano settariamente in un complesso ristretto di internauti che man mano perdono il contatto con la realtà terrena.
Le suddette caratteristiche, unite all’imperfezione della moderna normativa informatica, limitano notevolmente le possibilità di regolamentazione organizzativa e giuridica di quest’area, che consente ai partecipanti alla comunicazione virtuale di considerarla come «l’ultimo territorio di libertà», una neo res nullius, in cui rifugiarsi dal controllo statuale. Di conseguenza, l’autoregolamentazione morale volontaria – di cui dicevamo prima – che è in gran parte spontanea e svolge funzioni compensative, inizia a svolgere un ruolo prioritario nella regolazione normativa della comunicazione virtuale. O per meglio dire, i legislatori prendono esempio dai suddetti per produrre norme, se non i predetti legislatori essi stessi fungono da internauti affinché meglio possano capire l’ambiente entrandoci con ruoli anonimi.

Giancarlo Elia Valori