Il professor Giancarlo Elia Valori, presidente della Fondazione di Studi Internazionali e geopolitica, noto opinion leader a livello globale, osservatore perspicace e attento ai cambiamenti degli assetti geopolitici planetari, collaboratore di innumerevoli testate nel mondo, ha rilasciato – in vista del 20° Congresso del Partito Comunista Cinese, conclusosi qualche giorno fa – un’intervista al Global Times, il magazine di politica internazionale del Quotidiano del Popolo, organo della Repubblica popolare cinese. Di seguito pubblichiamo stralci della conversazione tra Valori e il giornalista cinese che ha avuto una considerevole eco in Cina.

Da lungo tempo, Lei è un attento osservatore della Cina. A cento anni dalla sua nascita possiamo dire che il Partito comunista cinese ha realizzato il suo primo obiettivo: costruire una società moderatamente prospera sotto tutti gli aspetti. Attualmente la Cina si sta indirizzando verso la realizzazione del suo secondo obiettivo. E’ ottimista sul futuro della Cina?
Sono ottimista sul futuro della Repubblica Popolare ma in un contesto nel quale la pace del mondo diventi il primo obiettivo da parte di tutti e per il bene di ognuno. Per descrivere la situazione nella quale ci troviamo oggi posso usare le stesse parole utilizzate, l’8 novembre di 2085 anni fa, da Marco Tullio Cicerone. Il quale si rivolgeva così al senatore Lucio Sergio Catilina: “Quo usque tandem abutereCatilinapatientia nostraquam diu etiam furor iste tuus nos eludetquem ad finem sese effrenata iactabit audacia?” (“Fino a quando dunque, Catilina, abuserai della nostra pazienza? Quanto a lungo ancora codesta tua follia si prenderà gioco di noi? Fino a che punto si spingerà la tua sfrenata audacia?”).

I cinque anni trascorsi dal XIX Congresso Nazionale del PCC sono stati straordinari e senza precedenti. La Cina ha ottenuto risultati eccezionali, a livello mondiale, nella lotta alla pandemia di Covid-19 e nello sviluppo economico, e al contempo ha fatto fronte a quelli che la Cina ritiene  tentativi di sovversione da parte di forze esterne a Hong Kong.  Questi cinque anni cosa significano per il Pcc?
Come ha sottolineato recentemente il Segretario Generale del Partito Comunista Cinese, Xi Jinping, i cinque anni che intercorrono tra il XIX e il XX Congresso nazionale del Pcc sono stati estremamente importanti. Il Comitato centrale ha unito e guidato l’intero Partito, l’esercito e il popolo cinese, riuscendo ad affrontare efficacemente la grave e complessa situazione internazionale e i rischi e le sfide che ne derivano. Inoltre il socialismo con caratteristiche cinesi è avanzato nella nuova èra discostandosi notevolmente dal caduco cammino sovietico imboccato da Chruščëv in poi.
Il PCC ha fatto ogni sforzo per portare a termine la costruzione di una società mirata al benessere. Ha promosso lo sviluppo di condizioni di vita di alta qualità e l’avanzamento delle riforme in modo rapido e costante. La Repubblica popolare della Cina ha dato priorità alla garanzia e al miglioramento della qualità della vita della gente e ha mobilitato tutti i settori della società nel contrasto alla povertà, dedicando molta energia alla conservazione ecologica. E, se non ricordo male,  si sta impegnando anche nella redazione della Storia del Partito Comunista Cinese, attesa da decenni.
Il PCC guida il popolo cinese nella realizzazione dell’intero processo dello Stato di democrazia popolare. Non ha solo un insieme completo di istituzioni e procedure, ma, a tutti gli effetti, prevede anche una partecipazione civile. Si è previsto un sistema di istituzioni completo, ampio e ben coordinato; sono stati predisposti canali diversi, aperti e ordinati per garantire che le persone gestiscano il Paese. Ciò consente a tutto il popolo di impegnarsi in elezioni, consultazioni, processi decisionali, gestione e supervisioni basate sulla legge.  Consente, inoltre di gestire gli affari statali, economici, culturali e sociali in vari modi e forme.

Il PCC ha indirizzato le persone a sviluppare con successo un percorso di modernizzazione in stile cinese, creando una nuova forma di progresso e ampliando le opportunità per i Paesi in via di sviluppo nel raggiungimento della modernizzazione. Quali sono gli insegnamenti e le ispirazioni del percorso cinese per i restanti paesi in via di sviluppo?
Gli sforzi della Repubblica Popolare della Cina verso l’indipendenza, la tangibile libertà dalle superpotenze e la crescita dei Paesi in via di sviluppo hanno una storia lontana nel tempo.
La Repubblica Popolare della Cina iniziò a tracciare la sua strada nella seconda metà del secolo XX, vista la degenerazione irreversibile del socialismo sovietico e  considerato il particolare aspetto del sostegno di Mosca ai Paesi neo-indipendenti consistente, unicamente, in una facciata propagandistica per la spartizione e l’ampliamento delle zone d’influenza mondiali.
Lo stesso rifiuto cinese di aderire a blocchi militari aggressivi è emblematico. Esso si rifaceva ai Cinque Principi della coesistenza pacifica affermati dal primo ministro Zhou Enlai il 31 dicembre 1953, pubblicati il 29 aprile 1954, e replicati alla storica Conferenza di Bandung dei Paesi afro-asiatici (Giacarta, 18-24 aprile 1955).
Ci riferiamo al: i) rispetto reciproco della sovranità e dell’integrità territoriale; ii) non-aggressione reciproca; iii) non interferenza reciproca negli affari interni di ciascuno; iv) uguaglianza e reciproco beneficio; v) coesistenza pacifica.
Bandung fu un’assise dedicata alla ricerca della cooperazione e della liberazione di tutti i popoli, base da sempre della politica estera di Pechino.
Quest’ultima si scontrava e si scontra con la prospettiva internazionale liberale che, invece, persegue la globalizzazione in superficie ed è in realtà, essa stessa guidata dai Paesi capitalisti occidentali spinti dalla tutela dei propri interessi e di quelli delle proprie multinazionali. Al momento, i Paesi occidentali sviluppati, in coda agli Stati Uniti d’America appaiono come una forza anti-globalizzazione, in quanto stanno scoprendo che la globalizzazione si discosta sempre più dal proprio dominio, per cui cercano di sostituirla con la politica delle bombe che portano la democrazia.
Per questa ragione i principi generali e gli obiettivi della politica cinese verso i Paesi in via di sviluppo poggiano soprattutto sulla definizione di un partenariato strategico, sull’uguaglianza politica e sulla cooperazione economica di tipo paritario. Essa si fonda sul rispetto degli interessi di entrambi i Paesi e in cui tutte le parti risultano beneficiare della collaborazione.
Qui basti ricordare la Grande Ferrovia della Libertà, di ben 1.860 chilometri, che collega tutt’oggi il porto tanzaniano di Dar es-Salam a Kapiri Mposh. Realizzata dal 1970 al 1975, nel bel mezzo della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria, fu finanziata interamente da Pechino per una spesa di 600 milioni dollari statunitensi, equivalenti oggi a 3,78 miliardi e l’ausilio di 15mila operai cinesi. Essa simbolizzava la fine del dominio e della superiorità tecnologica occidental-sovietica. Non si trattava di un’immobile diga ma di una locomotiva che avanzava – la RPC – trainando tanti vagoni – i Paesi africani che rompevano la dipendenza tanzaniana dalla segregazionista-razzista filo-NATO Rhodesia Meridionale e scuola britanniche. Questa è una delle innumerevoli e tangibili prove della lungimiranza cinese nel saper guardare ben oltre l’orizzonte a favore dei Paesi in via di sviluppo.

Il XX Congresso nazionale del PCC si concentrerà sulla composizione di compiti strategici e iniziative importanti per i prossimi cinque anni. Quali vantaggi, nel governo, offrirà al PCC il superamento del ciclo elettorale?
Come è noto la VI Sessione plenaria del XIX Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese ha deciso che il XX Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese si terrà a Pechino nella seconda metà del 2022. L’elezione dei delegati è molto importante per il successo dei lavori del prossimo Congresso Nazionale.
La presenza di differenti opinioni sull’operato relativo al Congresso nazionale del Partito è stato un modo efficace per la società cinese di scegliere candidati che potessero formulare suggerimenti per lo sviluppo nazionale e il ringiovanimento degli stessi quadri del partito e dei funzionari del Paese, ed è anche una vivida manifestazione della democrazia e del socialismo con caratteristiche cinesi. A tal fine, il 19 luglio scorso, il Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese e  la riunione rappresentativa degli organi statali hanno eletto 293 delegati per il XX Congresso.
Il prossimo Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese sarà sicuramente fondamentale, si svolgerà in un momento importante in cui il PCC dirige un Paese socialista modernizzato globalmente, diretto verso l’obiettivo del secondo centenario. Sappiamo bene come la politica cinese non si proietti nel breve periodo bensì scaturisce da millenni di preparazione con obiettivi lungimiranti che, in passato, sono stati solo ritardati e sabotati dall’imperialismo britannico, prima, e, poi, da quello statunitense il quale, nel 1949, ha creato la politica delle “due Cine”. Quest’ultima fu debellata in seno all’ONU il 25 ottobre 1971, quando l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottò, a stragrande maggioranza, la Risoluzione albanese 2758, che decise di porre, quale delegazione legale della Cina all’ONU, quella della Repubblica Popolare Cinese “and to expel forthwith the representatives of Chiang Kai-shek from the place which they unlawfully occupy at the United Nations and in all the organizations related to it”.
Ritengo che il Partito Comunista Cinese unirà e continuerà a guidare con successo i cittadini cinesi di tutti i gruppi etnici del Paese per superare le difficoltà, per andare avanti e dare nuovi e maggiori contributi alla costruzione di un Paese socialista moderno a tutti i livelli.

Tutti i paesi del mondo fronteggeranno nei prossimi cinque anni una serie di incertezze e sfide. Cosa esprime al mondo la stabilità e la certezza della Cina come grande potenza?
Mi permetta di correggerla: la Repubblica Popolare della Cina, in 73 anni di indipendenza non si è mai definita una grande potenza, ma un Paese in via di sviluppo che cerca di essere un punto di riferimento per quegli Stati che non vogliono far dipendere la loro indipendenza ed addirittura esistenza da ricatti, minacce, violenze e bombardamenti pure atomici, come è, purtroppo, accaduto negli ultimi 21 anni. Lo stesso fenomeno degli Stati falliti, o di quegli Stati che si è cercato di far fallire, è ben noto da quale emisfero del nostro pianeta sia stato provocato.
La Repubblica Popolare della Cina rispetta la sovranità e l’integrità territoriale di tutti i Paesi, sostiene la non interferenza negli affari interni e tiene in considerazione le scelte indipendenti dei percorsi di sviluppo e dei sistemi sociali creati dai diversi paesi. Sicuramente, non si è mai impegnata in una rivalità sistemica o in un confronto ideologico con altri Stati onde dimostrare, con la violenza, che il proprio sistema politico sia il migliore dell’universo conosciuto e non. La Repubblica Popolare della Cina non esporta ideologie, non interferisce negli affari interni di altri Paesi e non cerca di cambiare il sistema interno di alcuni Paesi.

Qual è la Sua impressione riguardo il prossimo XX Congresso Nazionale del PCC?
Gli osservatori mondiali, da sempre, non sottovalutano ed evidenziano le immense capacità del Partito Comunista Cinese, un movimento di masse che supera il secolo di vita. La Repubblica Popolare Cina è diventata la più grande nazione commerciale del pianeta e una fra le maggiori economie nel globo. In Asia, è il principale partner commerciale di tutti gli altri Stati. Sono  64 i Paesi che hanno partecipato alla Nuova Via della Seta (One Belt, One Road), il piano lanciato dal Partito Comunista Cinese nel 2013 e il cui successo implica un significativo ed ulteriore ampliamento politico-diplomatico della Repubblica Popolare della Cina nel Sud-Est asiatico, con implicazioni economiche e diplomatiche in Asia centrale, Medio Oriente ed Europa.
Inoltre non dimentichiamo un aspetto importantissimo della storia e dell’attività di un partito comunista ovvero il marxismo.
La storia del Partito Comunista Cinese è la promozione continua della sinizzazione del marxismo, una storia di sviluppo costante dell’innovazione e della creazione teorica. Nel corso della lotta di lunga durata, il Partito Comunista Cinese ha aderito al principio dell’unità e dell’emancipazione da formule stantie, la cui eredità era rimasta nei partiti comunisti dell’ovest ed est Europa.
Il Partito Comunista Cinese ha cercato la verità dai fatti, coltivando l’essenza, mantenendo l’integrità e promuovendo l’innovazione. Ha aperto costantemente nuovi orizzonti al marxismo: ha formulato il maozedongpensiero e con le Quattro Modernizzazioni di Deng Xiaoping (agricoltura, industria, difesa e scienze) ha varato la teoria e la formazione di prospettiva scientifica dello sviluppo, slegandosi da dettami che potevano andar bene al socialismo solo sino alla prima metà del ventesimo secolo. Fin dal XVIII Congresso Nazionale del Partito (Pechino, 8-15 novembre 2012), i comunisti cinesi, con Xi Jinping come principale rappresentante, hanno insistito per coniugare i principi fondamentali del marxismo con la realtà concreta cinese e con la sua eccellente cultura tradizionale, coltivata già dal Presidente Mao Zedong. Xi Jinping ha inserito nel percorso ideologico marxista il socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era e ha realizzato il salto storico che ha condotto la Repubblica Popolare della Cina ai giorni nostri. 

Giancarlo Elia Valori