Nel luglio 2017, il Belfort Center for Science and International Affairs della Harvard Kennedy School ha pubblicato il rapporto Artificial Intelligence and National Security, sostenendo che in futuro l’intelligenza artificiale potrebbe diventare un mezzo di trasformazione paragonabile ad armi nucleari, aerei, computer e tecnologia di sicurezza biotecnologica. Pertanto, è ragionevole includere l’intelligenza artificiale nelle discussioni che possono influenzare le relazioni internazionali.
L’ordine internazionale contiene due aspetti di base, uno è la struttura del potere e il confronto di forza dei principali Paesi e gruppi di Stati, e l’altro sono le norme che dovrebbero essere seguite nella gestione delle relazioni tra i Paesi medesimi.
L’ordine internazionale è uno stato di fatto in cui i Paesi del sistema globale dovrebbero adottare metodi non violenti per risolvere i conflitti in conformità con le norme internazionali; e i suoi elementi costitutivi sono lo jus gentium, le norme e i regolamenti condivisi e le istituzioni preposte.
I cambiamenti in questo sistema sono essenzialmente causati da mutamenti nella struttura internazionale, ma la struttura non è un elemento costitutivo dell’ordine internazionale; per cui se si vuole cambiare il predetto fallace sistema occorre stabilire un nuovo ordine internazionale, che non è altro che la ridistribuzione del potere, ossia il contenuto centrale del riassetto delle istituzioni internazionali.
L’intelligenza artificiale può avere un impatto sulle norme internazionali esistenti e dare vita ad un nuovo jus gentium modificando l’equilibrio di potere e le relazioni reciproche degli attori internazionali, influenzando così i cambiamenti.
Prima di tutto, l’intelligenza artificiale influenzerà economicamente l’equilibrio di potere tra i Paesi e innescherà persino un nuovo ciclo di influenza e cogestione da parte delle grandi potenze.
Ne il “The Rise and Fall of Great Powers. Economic Change and Military Conflict from 1500 to 2000”, Paul Kennedy già nel 1989 sosteneva che nel lungo periodo esiste un ovvio legame tra l’ascesa e la caduta economica di ogni grande potenza mondiale. Nel giugno 2017, Pricewaterhouse Coopers ha pubblicato il Seize the Opportunity. 2017 Summer Davos Forum Report prevedendo che entro il 2030 il contributo dell’intelligenza artificiale all’economia mondiale raggiungerà i 15,7 trilioni di dollari statunitensi e che la Repubblica Popolare della Cina e il Nord America dovrebbero diventare i maggiori beneficiari, per un totale pari a 10,7 trilioni di dollari statunitensi.
Nel settembre 2018, il rapporto Frontier Notes: Using Models to Analyze the Impact of Artificial Intelligence on the World Economy pubblicato dal McKinsey Global Institute ritiene che l’intelligenza artificiale migliorerà in modo significativo la produttività globale complessiva. Escludendo l’impatto della concorrenza e dei fattori di costo della trasformazione, entro il 2030 l’intelligenza artificiale potrebbe contribuire con altri 13 trilioni di dollari alla crescita del PIL globale, con una crescita media annua dello stesso di circa l’1,2%.
Questo è paragonabile o maggiore dell’impatto trasformativo di molte altre tecnologie di genere nella storia, come il motore a vapore nel sec. XIX secolo, la produzione industriale nel sec. XX e la tecnologia dell’informazione nel secolo attuale. Il rapporto ha anche sottolineato che i Paesi e le regioni (principalmente le economie sviluppate) che occupano posizioni di primo piano nell’intelligenza artificiale possono raggiungere una crescita economica dal 20% al 25% sulla base attuale, mentre le economie emergenti possono avere solo la metà di questo rapporto.
Il divario dell’intelligenza artificiale può portare all’ulteriore approfondimento del divario digitale. L’intelligenza artificiale può cambiare la catena industriale globale. La nuova industrializzazione rappresentata dai robot industriali e dalla produzione intelligente attirerà l’industria manifatturiera a ritornare alle economie sviluppate, e avrà un impatto sulla deindustrializzazione di molti Paesi in via di sviluppo prima del previsto, per cui le opportunità resterebbero bloccate nel Paese che fornisce “solo” la risorsa o materia prima.
Lo sviluppo e l’applicazione dell’intelligenza artificiale richiedono molti fondi, alto contenuto tecnologico e possono condurre a cambiamenti nella struttura occupazionale, facendo gradualmente scomparire posti di lavoro altamente ripetitivi e a bassa tecnologia.
Inoltre, in un altro rapporto McKinsey del 2017, basato su ricerche su 46 Paesi, è stato previsto che entro il 2030 ben 800 milioni di persone in tutto il mondo perderanno il lavoro e saranno sostituite da robot automatizzati. Ci sarà un massiccio spostamento di posti di lavoro in tutto il mondo simile a quello visto all’inizio del sec. XX, quando la maggior parte dei posti di lavoro nel mondo si spostò dall’agricoltura all’industria. Allo stesso tempo, l’applicazione diffusa della tecnologia dell’intelligenza artificiale aumenterà anche la domanda di professionisti in questo settore.
Secondo la ricerca, ci sono tre tipi di Paesi che hanno maggiori probabilità di beneficiare dello sviluppo della tecnologia dell’intelligenza artificiale.
La prima categoria è costituita dai Paesi con vantaggi di prima grado nell’intelligenza artificiale – quali gli Stati Uniti d’America e la RP della Cina –e sono tutti favoriti.
La seconda categoria è rappresentata da Paesi ad alta intensità di capitale e tecnologia con una popolazione ridotta o una tendenza al ribasso, come Giappone, Corea del Sud e Singapore, che non solo hanno il capitale e le condizioni tecniche per sviluppare l’intelligenza artificiale, ma possono anche utilizzare lo sviluppo di intelligenza artificiale per compensare la mancanza di popolazione totale o una tendenza al ribasso, come anche l’invecchiamento della struttura della popolazione e altri svantaggi.
La terza categoria comprende Paesi con più scienziati, matematici, ingegneri o Stati che apprezzano l’istruzione professionale correlata a scienza, tecnologia, ingegneria, matematica (STEM).
Oltre alla questione economica, l’intelligenza artificiale cambierà militarmente l’equilibrio di potere tra i Paesi. I sostenitori dell’IA militare credono che essa sovvertirà la forma e lo stile della guerra. La guerra meccanizzata utilizza materiali per rilasciare energia, basandosi su petrolio e acciaio; la guerra informatizzata utilizza reti per raccogliere energia, basandosi su informazioni e collegamenti. Secondo le aspettative attuali, una volta che la guerra entrerà nell’era dell’IA, sarà un confronto di robot e automazione, controllati dall’IA predetta.
È prevedibile che nelle condizioni dell’IA, elementi di guerra come combattenti, concetti di lotta e meccanismi vincenti cambieranno del tutto. In una guerra tradizionale, anche se c’è un divario in termini di armi e livelli di addestramento tra le parti opposte, la parte svantaggiata può comunque combattere con tempi e luoghi favorevoli, strategie superiori e tattiche avanzate. Ad esempio, durante le guerre in Iraq e in Afghanistan, gli ordigni esplosivi improvvisati hanno fatto soffrire l’esercito statunitense e quello sovietico prima nel secondo Paese. Invece nelle condizioni della guerra intelligente, l’apporto tecnologico di una parte attraverso l’IA formerà rapidamente un vantaggio schiacciante sul campo di battaglia, rendendo impossibile per la parte più debole formare un efficace ciclo di osservazione-giudizio-decisione-azione, restando sempre in una situazione di posizione passiva.
La Brookings Institution ha avanzato il concetto di «hyperwar» nel rapporto Artificial Intelligence Changing the World, ovvero la guerra è un processo di corsa contro il tempo e di solito prevarrà la parte con il processo decisionale e l’esecuzione più rapidi. La velocità decisionale del sistema di comando e controllo assistito dall’IA supererà di gran lunga quella della modalità di guerra tradizionale – unita al sistema d’arma automatico che può decidere autonomamente di lanciare armi letali – e accelererà notevolmente il processo di guerra, in modo che sarà ed è necessario coniare un nuovo termine «guerra a velocità estrema» per descrivere tale modalità bellica. Per quanto riguarda quest’ultimo, l’articolo «What Happens When Your Bomb-Defusing Robot Becomes a Weapon» (Quello che succede quando il tuo robot che disinnesca bombe diventa esso stesso un’arma) pubblicato da Caroline Lester sul sito web «The Atlantic» il 26 aprile 2018, ha utilizzato molte analisi per dimostrare che i robot militari possono ridurre significativamente la minaccia delle bombe sui cigli stradali e addio patrioti iracheni e afgani.
L’intelligenza artificiale porterà anche a cambiamenti rivoluzionari nell’equipaggiamento militare e il combattimento a grappolo di armi letali automatiche senza pilota, potrebbe diventare il protagonista e il principale metodo di combattimento delle guerre future.
Una volta che il drone aereo, il sottomarino senza equipaggio, il robot di terra, il carro armato privo di uomini, la guerra di logoramento e le tattiche marine saranno perfezionale, renderanno complesse e costose le piattaforme d’arma su larga scala come portaerei e aerei da combattimento, meno vantaggiosi dal punto di vista del costo della guerra e dell’efficacia del combattimento.
È come se un jet da combattimento F-35 con un costo singolo di centinaia di milioni di dollari con un uomo a bordo che combatte contro un gruppo di droni armati di basso prezzo, equivalga a sparare alle zanzare.
Ciò che deve essere spiegato è che c’è ancora una grande incertezza sull’impatto dell’IA sugli eserciti: non si sa quanto e come questo impatto si manifesterà. Nella discussione al convegno Artificial Intelligence and Security” del VII World Peace Forum dell’Università Tsinghua nel luglio 2018, alcuni esperti hanno sottolineato che sebbene le tendenze di sviluppo futuro dell’apprendimento automatico dei robot industriali, della scienza dei materiali e di altre tecnologie può essere generalmente studiato, tuttavia l’impatto specifico della combinazione di queste tecnologie sulla guerra futura non può essere valutato con precisione. Nei primi trent’anni del sec. XX, potenze militari europee come Germania, Gran Bretagna, Unione Sovietica Francia e Italia svilupparono tutte tecnologie di carri armati, aerei, missili e comunicazioni radio. Tuttavia, è stato solo dopo che la Germania ha effettuato il Blitzkrieg nella II Guerra Mondiale che il mondo ha scoperto che queste nuove tecnologie nel loro insieme potevano portare tali cambiamenti inimmaginabili alla guerra. Ora, indipendentemente dalla guerra algoritmica o da tattiche similari, il dibattito acceso nel circolo strategico è ancora quello di analizzare l’impatto dell’IA sulle operazioni di una singola tecnologia. Senza una comprensione olistica delle applicazioni militari della tecnologia IA, le contromisure previste potrebbero diventare una nuova costosa e inutile linea Maginot. (2. continua)
Giancarlo Elia Valori