Il 22 agosto a Johannesburg, in Sud Africa, si terrà il vertice BRICS. Come interpreti questo vertice? Quali sono le tue aspettative?
Va subito detto che il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha con entusiasmo fissato nella Repubblica Sudafricana lo storico XV vertice dei Paesi del BRICS: Brasile, Repubblica Popolare della Cina, India, Russia, e Rep. Sudafricama. Sarà il primo vertice BRICS ad essere ospitato di persona dall’emergere della pandemia di COVID-19 e delle conseguenti restrizioni globali. Negli ultimi mesi e settimane il presidente Ramaphosa ha tenuto una serie di consultazioni sull’organizzazione del vertice. Al Summit parteciperanno i leader di Brasile, India, Cina e Sud Africa. Di comune accordo, il Presidente Vladimir Putin della Federazione Russa non parteciperà al Vertice, ma la Russiaa sarà rappresentata dal Ministro degli Esteri, Sergey Lavrov.
Il presidente Ramaphosa è fiducioso che il Vertice sarà un successo e ha invitato il Paese a estendere la necessaria ospitalità ai numerosi delegati che arriveranno da varie parti del continente e del globo.
È interessante notare che la Francia cerca di essere presente con le forze emergenti, il che dimostra che queste stanno diventando sempre più influenti a livello internazionale. Dallo scoppio della crisi finanziaria di Wall Street nel 2008, il ruolo del G20 è diventato sempre più importante nella governance globale. In una certa misura, la sua importanza ha superato il tradizionale G7, in quanto il G20 sta manifestando sempre più le proprie capacità d’inclusione, come si può vedere anche dalla mappa dell’economia mondiale. Attualmente, lo status dei Paesi sviluppati è in calo e la loro influenza si indebolisce, mentre nel Sud del mondo il peso degli Stati è in aumento. In quanto “club” più rappresentativo dei Paesi emergenti, i BRICS ricevono naturalmente sempre più attenzione e influenza.
Allo stesso tempo, il comportamento francese – mentre l’Italia segue sempre gli ordini della Casa Bianca e perde opportunità nel resto del mondo – invia anche un messaggio alla comunità internazionale che i BRICS sono ancora una piattaforma di grande cooperazione internazionale. Il tentativo di Macron – che spera di diventare nei tempi di recupero – il primo leader occidentale a partecipare al vertice BRICS, dimostra che il peso dei Paesi del sud del mondo è in fase di avanzamento e che le forze emergenti stanno ricevendo sempre più attenzione.

Oltre 40 Paesi hanno espresso il desiderio di aderire al meccanismo di cooperazione BRICS. Perché sempre più Paesi vogliono aderire ai BRICS? In che modo l’espansione dei BRICS influenzerà i BRICS e i Paesi interessati ad aderire?
In quanto piattaforma per la cooperazione tra Paesi dei mercati emergenti e quelli in via di sviluppo, i BRICS si impegnano a mantenere il multilateralismo, promuovere attivamente la riforma del sistema economico globale e rafforzare la rappresentanza e la voce di questi Paesi con a forze stabili e costruttive.
Molti Paesi sono stanchi del fatto che gli Stati Uniti d’America e l’Occidente a traino, abbiano quasi dominato economicamente il mondo intero per decenni, costringendo le transazioni in dollari, col terrore che il mancato rispetto delle direttive della Casa Bianca comporti sanzioni e ricatti economici e finanziari. Al contrario, i BRICS sono aperti ad aiutare i Paesi a svilupparsi, a promuovere gli investimenti e il commercio e non impongono mai precondizioni.
Ancora più importante, i BRICS difendono la multipolarizzazione e il multilateralismo. Difendendo il multilateralismo, i BRICS stanno combattendo contro il concetto di guerra fredda e stanno aprendo la possibilità di costruire un ordine economico internazionale più giusto e più equo di cui benefici il mondo.
La missione principale dei BRICS è quella di farsi portavoce degli interessi dei Paesi in via di sviluppo. I BRICS sono in linea con l’andamento mondiale che è coerente con la maggior parte dei Paesi. Ciò significa che l’espansione dei BRICS è una questione di tempo.

I Paesi occidentali si riferiscono ai BRICS come a un gruppo economico che cerca di spezzare l’egemonia economica occidentale a livello globale. Temono anche che l’espansione e la de-dollarizzazione possano trasformare i BRICS in un campo anti-americano. Come interpreti queste preoccupazioni dall’Occidente e l’etichetta “anti-americana” che viene data ai BRICS?
Secondo i resoconti dei media il 30 maggio scorso, il presidente brasiliano Lula ha dichiarato in una conferenza stampa con il presidente venezuelano Maduro che sogna di creare una valuta BRICS comune in modo da poter abbandonare l’uso del dollaro statunitense. Ha sottolineato che era necessario abbandonare l’uso di questa divisa perché essa è completamente di proprietà degli Stati Uniti d’America e loro possono fare quello che maggiormente desiderano. Lula ha sostenuto che le restrizioni commerciali sono inaccettabili. A questo proposito, Jiang Shixue, dell’Università di Shanghai, ha sottolineato in un’intervista a Satellite News Agency che non vi è dubbio che il la de-dollarizzazione dei BRICS è necessaria, però le affermazioni di Lula hanno più significati politici e meno considerazioni pratiche. I BRICS si muoveranno nella direzione della de-dollarizzazione, si svilupperanno, esploreranno e risolveranno la situazione.
La de-dollarizzazione in realtà è una questione complicata. Il concetto di de-dollarizzazione deve essere chiarito. Lula ha parlato della creazione di una valuta BRICS comune, ma non ha specificato quale sia questa valuta, ad esempio tra Repubblica Popolare della Cina e Brasile o tra Russia e India e Rep. Sudafricana. Il commercio è regolato in valuta locale, che appartiene alla categoria delle relazioni bilaterali e non ha nulla a che fare con il quadro BRICS; in secondo luogo, l’attuale cooperazione economica tra i BRICS è molto limitata. La possibilità di de-dollarizzazione è bassa; in terzo luogo, se la valuta locale viene utilizzata per il regolamento – anche se il commercio bilaterale può essere bilanciato – essa è un fattore che deve essere considerato. Ad esempio, all’indomani del conflitto tra Russia e Ucraina, il commercio di energia tra Nuova Delhi e Mosca è stato regolato in valuta locale, cioè l’India ha pagato l’energia della Russia in rupie e non in dollari, per cui su basi eminentemente bilaterali.
In merito al cosidetto “antiamericanismo” vanno fatte alcune riflessioni. Siccome sempre più potenze regionali sono interessate ad aderire ai BRICS – il che dimostra la crescente influenza dell’organizzazione come nuova forza geopolitica – allo stesso tempo, ciò indica pure che l’attuale ordine internazionale guidato dagli Stati Uniti d’America – in particolare l’ordine economico e il sistema finanziario – dovrà affrontare sfide sempre più serie
Poiché molti Paesi in via di sviluppo sono potenze economiche regionali, molti analisti ritengono che una volta inclusi, ciò non solo aumenterà le dimensioni dei BRICS, ma consentirà anche ai BRICS di liberare più potere a livello di comunità internazionale e, in particolare, pone una sfida all’ordine economico e finanziario internazionale. Per cui secondo i soliti analisti, i BRICS “degenereranno” in un campo antiamericano e antioccidentale.
Basti l’esempio italiano per pesare la paura di essere accusati di “antiamericanismo”. Il nostro governo ha una base antica nostalgica fascista, però per dimostrare fedeltà all’alleato statunitense – che annichilì proprio il fascismo italiano 78 anni fa – qualsiasi cosa arrivi dalla “Cina comunista” va respinto: dalla Via della Seta, o va temuto: i BRICS. E così dicasi – per ragioni differenti e/o di paura – per gli altri Paesi occidentali, ma non la Francia, come abbiamo visto sopra.

Rispetto a gruppi occidentali come il G7, come vedi le caratteristiche e le prospettive di governance dei BRICS?
Rispondo in breve. Recentemente, Iran e Argentina hanno chiesto di entrare a far parte dei BRICS, suscitando l’attenzione di tutto il mondo. Il gruppo G7 è composto da sette Paesi sviluppati: Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti d’America: questi sono Paesi ricchi. I BRICS invece sono formati da Paesi in via di sviluppo emergenti, per cui i due “club” sono fondamentalmente diversi. A giudicare dall’attuale situazione mondiale, i BRICS e il G7 sono diventati una base di confronto tra l’alleanza dei Paesi sviluppati e quella fra i Paesi in via di sviluppo. E si prevede che l’influenza futura dei BRICS supererà quella del gruppo G7. Oltre ad altre questioni esaminate in una risposta precedente.

Le economie emergenti, in particolare i BRICS, hanno registrato una vigorosa crescita economica e sono diventati importanti motori dello sviluppo economico globale. Di fronte a questi cambiamenti, come dovrebbe rispondere l’Europa?
Secondo dati dello scorso maggio i BRICS rappresentano circa il 40% della superficie totale delle terre emerse del pianeta e ospitano oltre il 40% della popolazione mondiale.

Giancarlo Elia Valori